C’è stato un tempo in cui Matteo ha pensato più o meno seriamente che avrebbe potuto fare l’archeologo. Dopo molti anni, invece, si è ritrovato a fare piuttosto seriamente e appassionatamente il trifulau. Voi direte: cosa hanno in comune questi mestieri? Eh, niente, direi che hanno in comune lo scavare. Siccome, si sa, Dio li fa e poi li accoppia, io pure ho fatto questo per gran parte della mia vita: ho scavato nell’animo mio, seriamente e appassionatamente. Abbastanza presto mi sono accorta che mi piaceva farlo anche in quello degli altri. Innata Persefone, capita da quando ho memoria che le persone mi chiedano di accompagnarle in questa perigliosa e sporchevole operazione. Dopo un lungo tempo sotterraneo, durante il quale ho scavato in nuovi e antichi abissi, dirupi e cantoni, mi sono scoperta nel rinnovato piacere di riemergere da questi spazi, miei e altrui, per restituire racconti, così come si portano alla luce reperti o tartufi, a seconda dei casi.
Lo scritto che state leggendo nasce più o meno così. L’intento iniziale era di omaggiare una persona speciale e talentuosa con un’intervista, ascoltando il suo mondo invisibile per restituirlo scrivendo, affinché molti potessero scorgerne la bellezza che, tutti sanno, salverà il mondo. Una vera intervista, però, non l’ho mai fatta. Così sono partita da quello che mi è più congeniale – la lettura della Carta Natale – per provare a realizzare questo progetto senza deludere nessuno. Ed eccoci qui, con un astro-racconto di/su/per ... Marco Somà!
Il Signor Marco è il nostro vicino di casa da quando stiamo in Casa Kintsugi 161. Avendo l’Ascendente Capricorno, io e Matteo ci abbiamo messo tre anni per presentarci. Adelaide lo osservava ogni giorno passeggiare nel prato davanti a casa con Indiana, il suo bellissimo cane nero-lucido, discendente di un lupo cecoslovacco, e si chiedeva quale fosse il suo nome. Di Indiana lo sapevamo già. Poi un giorno di quasi primavera, nei nostri incontri tra il prato e la vigna, glielo abbiamo chiesto e da lì è rimasto Il Signor Marco, come ancora lo chiama Adelaide.
Lui è un Capricorno (Indiana invece è Scorpione, tenetelo a mente): rispettando la comune disposizione schiva e riservata, difficilmente avremmo disturbato il suo quieto camminare. Abbiamo dovuto farlo quando, per uno di quei casi mai casuali, abbiamo scoperto che aveva appena vinto un prestigioso riconoscimento internazionale (non il primo, né l’ultimo): il Premio Andersen 2019 come Miglior Illustratore. Quello per noi era l’anno speciale della nascita di Matilde, proprio in Casa Kintsugi 161. Io sentivo crescere in me un amore materno sempre più grande, direi un amore infinito ... E proprio grazie ad un omaggio a L’Infinito di Giacomo Leopardi appena pubblicato per Einaudi Ragazzi, un capolavoro, climax altissimo della sua carriera, abbiamo capito che il Signor Marco era un fuoriclasse. L’epifania mi ha portato a vincere le consuete resistenze, osando chiedergli se avesse voglia di offrire ad Adelaide, ricchissima di immaginazione e quotidianamente dedita al disegno, un po’ della sua maestria. Oggi Il Signor Marco è prima di tutto amico di Adelaide: ha condiviso con lei letture e laboratori creativi ispirati ai suoi libri. Io e Matteo siamo grati di questa esperienza qualitativamente importante che ha tracciato per Adelaide un solco visibile in cui seminare i suoi talenti.
Per me è stata la scoperta di un nuovo territorio, fino ad allora inesplorato, che mi ha gradualmente conquistata fino a sentire con naturalezza quanto può essere prezioso per un adulto aprire un albo illustrato, in modo particolare se lo sperimenta da genitore che sceglie di crescere insieme al proprio figlio. L’incontro con il lavoro di Marco mi ha traghettata in un nuovo spazio di ricerca e desideravo sinceramente esprimergli la mia gratitudine. Il mese scorso, dopo l’uscita della sua ultima fatica – un invito alla lettura de La Divina Commedia, nuovamente per Einaudi, in occasione dell’anno dantesco – abbiamo avuto il privilegio di vedere le tavole originali dei suoi disegni e di trascorrere insieme una mattinata intensa e preziosa. Nei giorni precedenti ho studiato il suo Tema Natale, osservato i suoi lavori e preparato alcune domande per l’intervista: insieme abbiamo cavalcato onde di emozionante fluidità, senza schemi, immersi nella quieta ironia che ci accomuna, circondati dalla terapeutica vitalità di Adelaide e Matilde.
Il Sole natale di Marco è in Capricorno, congiunto a Mercurio nello stesso segno. La Luna è in Acquario e configura insieme a Venere e Marte uno stellium nel segno della Portatrice d’Acqua. L’impalcatura primaria dell’identità non mi parla esplicitamente di un’artista. Un altro raggruppamento di pianeti nel Sagittario, l’Arciere che scocca una freccia verso l’Oltre, mi dice di una forte vocazione immaginale, di una spinta alla ricerca di senso, allo studio, al viaggio reale e fantastico, ma riguarda pianeti transpersonali – Giove, Urano e Nettuno – secondari nella mia analisi. Ripetuti elementi tecnici mi invitano a partire da questa apparente incongruenza tra l’aspettativa più ovvia e le reali forze in gioco nella Carta, la cui essenza ritrovo confermata nel riconoscibile stile di Marco, connotato da eleganza, raffinatezza e da una definizione minuziosa dei particolari, che presuppone voli pindarici con i piedi sempre ben poggiati a terra e lunghi tempi di realizzazione. Non è un tratto istintuale, spontaneo, infantile, leggero. Sa di antico. Saturno, governatore del Capricorno, è Signore del Tempo, il Grande Vecchio, il Realista dello Zodiaco. I disegni di Marco mi paiono un ricercato esercizio di perfezione, nel quale anche gli elementi del divertissement (immaginavo da molto di poterlo scrivere, dai, passatemelo!) sono frutto di un processo di studio, osservazione del reale e distillazione del meglio, come conviene a segni afferenti ai quadranti superiori dello Zodiaco. Il Tema mi parla di autosufficienza, testardaggine, rigore, elitarismo, ambizione, stacanovismo, ipercritica, asciuttezza. Proviamo ad iniziare da qui.
Marco, non possiedi il Tema dell’artista in senso stereotipo. Quale iter biografico ti ha condotto all’espressione del talento attraverso la peculiare forma espressiva dell’illustrazione?
«Grazie per riconoscermi un talento, ma devo rivelarti che io non credo nel talento, piuttosto in un attivo e costante processo di affinamento. Dopo essere stato studente nello stesso luogo, oggi insegno Illustrazione all’Accademia di Belle Arti di Cuneo e sono docente per il master Ars in Fabula di Macerata, dove mi sono specializzato, ma è da relativamente poco tempo che questa materia è diventata parte dei curricula ministeriali. Quando studiavo in Accademia non ho ricevuto formazione a riguardo, anzi, l’illustrazione era quasi disprezzata, considerata “di serie b” rispetto ad altre forme artistiche più blasonate. Posso quindi dire di essere approdato autonomamente all’illustrazione, o meglio, posso dire che è stata lei a trovare me. Dopo aver sfogliato un albo illustrato, ho intuito che mettere la mia competenza a servizio della creazione di libri per l’infanzia poteva essere per me molto più stimolante e significativo rispetto al dipingere un quadro. Tutt’altro che qualcosa di facile e poco serio! Peraltro ho incontrato la mia vocazione dopo una formazione superiore come geometra, che mi è costata anni di sofferenza, alienazione e frustrazione e forse ha fatto nascere in me il desiderio un po’ ribelle di non crescere mai davvero, per preservare la fanciullezza ed il fantastico. Tuttavia, esiste effettivamente una continuità con quel percorso tecnico, con il quale mi sono pacificato, mantenendo qualcosa anche nel mio attuale lavoro. La fase che più mi appaga e diverte è proprio quella della progettazione: un albo illustrato si costruisce, come una casa».
Bingo! E poi dicono che l’Astrologia non è scientifica ... L’amore per la progettazione è perfettamente coerente con le qualità combinate del Capricorno e dell’Acquario, così come la visione di un lavoro meticoloso, in cui l’iterazione ed il perfezionamento contano più delle doti innate e degli slanci intuitivi. Trovo bellissima la metafora della costruzione di una casa: mi piace molto immaginare che un libro possa essere anche questo. Marco è un Capricorno, self made man con aspetti di tirannico realismo, spesso (auto)schiacciante, ma è anche un Acquario, un genio ribelle orientato al nuovo e al futuro, il cui mondo intimo è colorato di azzurri tersi e infiniti. Terra e Aria, più uno stellium di Fuoco in Sagittario di cui ci occuperemo più avanti. E l’Acqua? Nella Carta di Marco è quasi del tutto assente: meno male che lo accompagna Indiana, cane-anima dello Scorpione che si prende la briga di vivere per lui aspetti che altrimenti sarebbero pericolosamente rimossi! Un elemento chiave ed equilibrante, però, è il Nodo Nord – il dharma o Direzione di Vita – in Cancro, segno principe della relazione con l’infanzia, della sua cura, tutela e protezione (e anche del rapporto con gli animali domestici). Il Nodo Nord indica dimensioni lontane dal bagaglio di qualità ed esperienze già acquisite – il nostro patrimonio innato di automatismi (karma): è l’ignoto che stiamo apprendendo, perciò ci può sfidare finanche a spaventarci, ma al contempo rappresenta il luogo in cui possiamo sentirci spiritualmente vivi, la nostra chiamata. Sembra che Marco sia sulla sua buona strada.
Ciò che mi attrae istintivamente dei suoi lavori è l’uso del colore, evocativo di atmosfere retrò. Incontra il mio personale gusto lo straordinario mix di eleganza senza tempo e anticonformismo. Il suo stile non è pop e non risponde ai diktat editoriali dei colori sgargianti usati come specchietti per le allodole, dove le allodole sarebbero i bambini. Il Capricorno guarda al passato (primariamente prezioso patrimonio esperienziale!), è conservatore, ama il classico, le scale di grigio e detesta il cambiamento. L’Acquario è padrone del futuro, il Rivoluzionario dello Zodiaco, più o meno apertamente bastian contrario, chiamato a sviluppare una vera libertà dalle convenzioni della cultura in cui è stato educato e del tempo in cui si trova ad operare attraverso l’uso equilibrato dell’intelligenza critica. Entrambi i segni, che per Marco riguardano processi imprescindibili dell’identità, tendono ad uno stile indipendente e solitario, seppure l’elemento di riscontro sociale e restituzione al collettivo sia fondamentale. Qualcosa mi dice che tutto questo ha una relazione anche con il suo peculiare modo di colorare le storie.
Cosa puoi raccontarmi della tua relazione con il colore?
«In verità, inizialmente, non sapevo affatto come usare il colore. Nella mia ricerca sono partito dal non-colore, realizzando i miei disegni in bianco e nero. Nei miei libri si può notare infatti una progressione, partendo dai primi lavori, come ad esempio La Regina delle Rane, dove quasi non c’è colore. Con ogni albo ho sviluppato una nuova fase della mia esperienza con il colore e in tutti i miei lavori, considerandoli cronologicamente, si può facilmente osservare una continuità: dopo la fase più incolore de La Gallinella Rossa e La Regina delle Rane, con I Sette Letti di Ghiro ed il seguente Il Venditore di Felicità, si è aperta la mia “fase blu”. Questo a dire tutta la verità succede anche perché vivo con disagio i cambiamenti, così in ogni libro si sente l’influsso del precedente, che faccio un po’ fatica a lasciare andare. Ogni albo ha infatti una gestazione piuttosto lunga: il mio problema più grande sta proprio nella difficoltà a conformarmi ai tempi editoriali. Prediligo il mondo dei piccoli editori indipendenti, rispetto ai grandi colossi, perché in genere, anche se ci sono eccezioni nella mia esperienza, questo significa tutelare la qualità del mio modus operandi. Il mio ideale modello di relazione con l’editore è quello in cui posso lavorare con la massima autonomia e, una volta concordato il progetto, sono io a farmi vivo quando il lavoro è pronto, senza pressioni o ripetute richieste di anteprime».
Saturno, Signore del Tempo, è in aspetto di quadratura – attrito, rimozione – con i luminari e con i pianeti personali: emerge nettamente la problematica rispetto al tempo. Così come il pericolo di un’eccessiva autocritica, di un tiranno interiore particolarmente boicottante che può spingere fino al senso di impotenza. L’unico trigono di Saturno, con Marte, dice tuttavia che Marco lavora sodo, senza risparmiarsi, seguendo l’etica del “chi fa da sé, fa per tre” e predilige – come lui stesso mi conferma – luoghi di lavoro ordinati e luminosi, dove diventa capace di lavorare con metodo, pazienza e dedizione, fino a quando non raggiunge un risultato pressoché perfetto. Le numerose quadrature di Saturno che si trova nel magmatico, misterioso, intenso, caotico segno dello Scorpione (ricordate di che segno è Indiana?) ci informano che l’autodisciplina non è automatica, ma risultato di un processo di autoeducazione mai scontato. Tutto è meditato e sudato sull’agone di un non sempre facile complesso psicologico.
Marco lavora a Giallouovo, un bellissimo studio in co-working a Mondovì, così anche la natura acquariana e la più goliardica parte Sagittario possono trovare nutrimento. Mentre parliamo in questo luogo siamo serenamente circondati dalle stampe dei personaggi tratti dai suoi libri e dall’esposizione delle tavole originali de La Divina Commedia. Osservando i disegni scorgo numerose citazioni della storia dell’arte e al contempo mi sembra di trovarmi di fronte a bellissimi erbari o bestiari antichi. Arte, mondo botanico e animale si fondono in uno stile slow, che i veri cultori della carta stampata possono solo apprezzare. C’è posto per la fantasia, ma sempre con una logica di concretezza e realismo, dice la Carta di Marco.
Mi pare di cogliere nelle tue tavole citazioni dal mondo dell’arte, ma anche un certo richiamo ai regni della natura. Puoi raccontarmi da dove sgorga per te l’ispirazione e quale rapporto hai con le tue fonti?
«Per me ispirazione è tutto quello che vedo quotidianamente. Natura, paesaggi, oggetti, scene di vita. Per farti un esempio, ho lavorato a La Gallinella Rossa più o meno nel periodo in cui mi sono trasferito a Niella Tanaro e sono stato ispirato dalle ortensie e dai fiori della nonna della mia compagna che aveva il pollice verde e curava molto le piante. Quel che vedevo dalla finestra, sul grande terrazzo, è entrato nell’albo. Per Il Venditore di Felicità mi ha ispirato il grande noce quasi secolare davanti a casa, così come sempre mi ispirano le piante osservate nei loro particolari durante il mutare delle stagioni sul sentiero che ogni giorno percorro con Indiana, che porta verso il prato in cui spesso ci incontriamo. Mi ispira osservare i bambini per strada. Mi ispira la mia inseparabile Indiana, che accompagna il protagonista Boris ne Il Richiamo della Palude. Ogni particolare, anche se poi diventa parte di uno scenario fantastico, deve essere per me un richiamo realistico. Mi ispira il reale. Guarda, ad esempio, le radici che si trovano in diverse tavole in cui ho interpretato canti dell’Inferno e del Purgatorio: sono quelle che vedevo ogni giorno emergere dal terreno passando in auto per venire in studio, sul versante di una collina di Vicoforte dove è stata sradicata la vegetazione per impiantare una vigna. Inoltre, riguardo alle citazioni della storia dell’arte non ho inventato niente, molti illustratori lo fanno. Molti invece no, ma per me fare l’illustratore ha a che fare anche con un processo mai concluso di studio, ricerca, confronto, apprendimento. Quindi sì, hai visto bene, mi servo abitualmente di riferimenti colti: da Hieronymus Bosch a Giotto, che nel mio ultimo lavoro si può facilmente riconoscere nella tavola in cui ho interpretato la scena che vede Dante e Virgilio alla soglia del Purgatorio (IX Canto), richiamandomi esplicitamente al dipinto di San Francesco davanti al Sultano. Ogni albo diventa quindi leggibile a più livelli ed è possibile aprire diverse connessioni, più o meno ampie, a seconda di chi legge».
Ancora una volta il racconto di Marco non contraddice la Carta. Ecco, mi pare di aver trovato qui la chiave del suo peculiare modo di essere artista, che ha a che fare con lo sguardo: parte dal reale e lo restituisce nel disegno, caricato di una nuova luce, proprio come richiesto dal genio acquariano tanto presente nel Tema. Ed al reale vuole restare ancorato, da buon Capricorno.
Ormai so che un albo illustrato non è un libro qualsiasi e, in questo mio personale processo di scoperta accanto alle mie bambine, parto da un punto zero. So di non sapere e vorrei rispettare al meglio il grande lavoro che ho compreso sta dietro all’oggetto che tengo tra le mani e tante volte al giorno mi capita di sfogliare nel tempo prezioso con Adelaide e Matilde. Vorrei pormi nella giusta disposizione, perché questi momenti con le mie figlie sono di impagabile valore, mi aiutano ad esercitare l’arte del vivere qui ed ora.
Marco, puoi aiutarmi a capire qual è il modo migliore, dal tuo punto di vista di autore, di fruire di un albo illustrato? Quali sono i tuoi consigli per una lettura felice?
«Grazie per la bella domanda che mi permette di dire qualcosa a cui tengo molto: l’albo illustrato è un elogio alla lentezza. Per poterne veramente godere occorrono, secondo la mia esperienza e la mia pratica messa a punto quando ancora aspiravo a diventare un bravo illustratore, almeno tre letture. Un albo illustrato, a differenza di altri prodotti letterari o artistici, è una sinergia indissolubile di immagini e parole. Io sono a mio agio con l’immagine, è il modo privilegiato per esprimermi, ma mi piace farlo se questa è in relazione ad una storia, possibilmente ad una storia significativa, che in qualche modo mi appassioni interpretare. Amo l’immagine che racconta una storia, non tanto l’immagine fine a se stessa: ecco perché ho scelto di specializzarmi nell’illustrazione per l’infanzia, anziché dedicarmi alla pittura. Credo nell’infanzia, nei bambini che sono il futuro e in qualche modo attraverso il mio lavoro guarisco la parte di me che si ribella al mondo adulto, mantenendo viva la volontà di restare bambino nell’animo. Ecco, credo che per fruire al meglio di un albo illustrato, si debba guardarlo con gli occhi di un bambino: con lentezza, stupore, meraviglia e capacità di accorgersi delle cose più piccole. Se si ha la fortuna di sfogliarlo insieme ai bambini bisogna seguirli, ascoltarli, lasciarsi guidare dalle loro domande infinite e – soprattutto – andare piano. Serve una prima lettura della storia, per familiarizzare con il testo. Successivamente è opportuno risfogliare l’albo daccapo guardando solo i disegni. E poi occorre una terza lettura di sintesi, che metta insieme la storia e le immagini. Di volta in volta sarà bello notare e cogliere il maggior numero di dettagli. L’albo illustrato è la magia della doppia pagina, uno spazio entro cui immergersi, prendendosi il tempo per esercitare l’arte dell’accorgersi, che oggi mi pare un lusso per gli
adulti e, purtroppo, anche per i bambini, spesso rapinati della meraviglia infantile. La doppia pagina è una bella possibilità per educarsi alla lentezza, antidoto a molti mali del nostro tempo, e per ritrovare la preziosità terapeutica del contatto con i bambini e con il bambino che siamo stati. So che i miei libri verranno sfogliati dai bambini, che sono anche i più esigenti critici: è solo dal confronto diretto con loro che so se un libro funziona oppure no. Sono loro la mia cartina tornasole. Sono cosciente che spesso sfoglieranno il libro con la mamma o il papà, perciò come illustratore lavoro molto seriamente, senza prendermi troppo sul serio, per offrire un libro che sia perfetto, anche se è una parola che non amo. Anche se non è facile stabilire con certezza cosa sia la qualità, io credo che l’infanzia meriti qualità e cerco di offrirla con dedizione. Se mai non sentissi più questo slancio, smetterei di fare questo mestiere».
Come direbbe Matilde: uuaaoohh!
Pensando al bimbo che ti abita, quale lavoro hai amato di più e perché?
«Senza dubbio l’albo che più ho amato creare è Il Richiamo della Palude. Sono particolarmente affezionato alla storia di Boris, il protagonista, che sento un po’ come mio alter ego. Questo libro tratta il tema del “sentirsi diversi” e ci sono stati momenti nella mia vita nei quali ho sofferto perché mi sentivo un pesce fuor d’acqua, proprio come Boris che non trova appartenenza né nella palude, né fuori e si interroga su cosa significhi essere uguali o diversi nelle relazioni affettive».
Personalmente trovo che Il Richiamo della Palude sia un lavoro in cui si sente qualcosa di speciale: il cuore di Marco. La storia, scritta dal valente Davide Calì (che ho apprezzato anche ne Il Venditore di Felicità) è profonda e delicata, come raramente se ne trovano. Lì dentro c’è veramente tutto il complesso di un Capricorno con la Luna Acquario, con tanti valori acquariani che necessariamente si confronta con i temi della solitudine che talvolta può divenire isolamento o addirittura emarginazione, del sentirsi diverso, della ricerca di un’integrazione tra l’espressione della propria originale unicità e il senso di appartenenza al clan. Mi viene allora da dire, come spesso mi ha insegnato lo studio delle Carte Natali, che l’Anima di Marco ha trovato la sua autoguarigione anche attraverso la scelta del suo stesso lavoro di illustratore. Quando gli propongo questa ipotesi, lui mi risponde anzitutto con un sorriso lieve: «L’ho sempre pensato. Lo sento proprio così».
Chiudiamo con una domanda sul tuo ultimo lavoro, che ha comportato il confronto con un soggetto maestoso – La Divina Commedia – che non può essere considerato un testo qualsiasi. Questo progetto ha rappresentato in qualche modo per te un viaggio di introspezione personale, come lo è per Dante?
«Assolutamente sì. Anche se non è un albo illustrato in senso stretto, piuttosto un omaggio a Dante, concepito come primo incontro con l’Opera, lavorarci è stato tutt’altro che ovvio. Il soggetto è certamente complesso e, in qualche modo, qualsiasi operazione su un capolavoro definitivo è fallimentare. Io ho provato ad interpretare i tre mondi dell’Aldilà che Dante attraversa e per farlo ho studiato molto e ho dovuto immergermi io stesso in passioni, debolezze, fragilità, blocchi, limiti, fino a spingermi alla contemplazione delle cose più alte. Mi sono divertito soprattutto con le tavole infernali: le mie preferite sono quella di Caronte che guida i defunti sull’Acheronte (Inferno, Canto III) e quella in cui Dante incontra Ulisse e Diomede (Inferno, Canto XXVI). Attraversare la selva oscura è un istinto universale che mi interroga, mi spaventa e non ho ancora ben capito se e come farlo ...».
La selva oscura, nel mezzo del cammino dell’esistenza: in Astrologia si sa benissimo che, proprio all’età attuale di Marco o giù di lì, si attraversano cicli psicobiologici-planetari che possono essere considerati chiamate ad intraprendere questo tipo di viaggio. Assume forme differenti in relazione alla predizione di radice individuale e unica presente nella Carta Natale, ma per tutti è la possibilità di evolvere in un percorso alchemico, dal buio alla luce. La selva oscura: Saturno in Scorpione (sempre-sia-lodata Indiana), congiunto a Plutone, Signore dell’Ade, che nel Tema di Marco è in quadratura con Sole, Luna, Mercurio, Venere e trigono a Marte. In questo viaggio Marco può ritrovare un grande potenziale di mistero, profondità, intensità emotiva e recuperare pezzi di anima individuale e collettiva attraverso il confronto, già avviato dal suo lavoro, con le mitologie e le favole transpersonali che poi potrà esprimere offrendogli concretezza attraverso le immagini. Per farlo occorre accettare di risentire le ferite dell’anima e morire, per rinascere nuovo, più adulto e maturo. Sarà proprio per questo invito che proprio ora, in perfetta sincronicità, si è trovato a confrontarsi con l’Opera più di tutte capace di invitare alla trasformazione e alla rigenerazione? Marco sembra un po’ a disagio con gli aspetti oscuri, come dice il Tema, ma allo stesso tempo, sento una fame di senso, di ricerca, di valori, di principi, di profondità e intensità come dicono peraltro i valori in Sagittario, il Filosofo, l’Insegnante, lo Studioso dello Zodiaco, affamato di crescita materiale, ma soprattutto conoscitiva e spirituale. Chissà che non sia proprio arrivato il momento di un salto in su nella spirale evolutiva, per guardare alle cose da un ulteriore punto di vista? Le risorse interiori ci sono tutte. E ci sono anche per apprendere quelle meno allenate.
Marco, un’ultima domanda, forse la più banale: qual è il progetto non ancora realizzato a cui ti piacerebbe dedicarti?
Silenzio. Sorriso.
«C’è una storia, una bella storia: è sulla morte. E ha dentro tutto, proprio tutto quello che può piacermi: una storia intensa, una mamma che muore, una casa sull’albero ... Non so ancora come, ma è il progetto che ho più voglia di realizzare. Succederà. ».
L’Astrologia non ci dice come agiremo, ma ci racconta molto bene la qualità del nostro tempo. Grazie ad essa possiamo fare scelte più consapevoli, efficaci, felici, liberanti. Marco è lì, sulla soglia della sua morte e rinascita e il richiamo attraverso il suo lavoro si fa sentire. So che avrà il coraggio di affrontare questo viaggio per uscirne più integro, per restare se stesso imparando a cambiare tutto, per fondere la propria vera natura con la propria identità pubblica, accettando di crescere quel che in lui desidera diventare adulto, senza perdere la sua fanciullezza. Vita e professione in un’armonia piena e feconda, immune agli applausi, attenta solo all’integrità personale e alla possibilità di restituire al collettivo, concretamente, la propria esperienza e competenza. Questo è ciò a cui aspira un Capricorno, che prima o poi deve accettare di essersi costruito da solo, come un Lego senza istruzioni, e decidere di smontarsi – nonostante l’orgoglio e le sue indubbie straordinarie capacità di ottenere il massimo anche in condizioni ardue – per ricostruirsi perdendo rigidità, difese, abitudini. Cosa ne guadagna? Il non inaridirsi, trasformando il proprio deserto in un’oasi. Come? Con le sue armi migliori: pazienza, autodisciplina, pragmatismo, forza di volontà, fedeltà ai principi. E, soprattutto, cosa che più amo anche in Marco, tanta, preziosa (auto)ironia ... e un paio di calzini coloratissimi!
DI MARIA IOLE VACCHETTO
(Disegno di Adelaide)
Maria Iole Vacchetto, dottoressa in Storia ed Herbaria per vocazione, da bambina sognava una piccola e quieta casa, luogo di abbondante frugalità, con una biblioteca ricca di buoni libri, ali per la mente e balsamo del cuore. Da ragazza sognava di ispirare, nutrire e destare la bellezza delle donne, con le parole delle stelle.
Nel 2011 pubblica il manuale “Tra Cielo e Terra. Le erbe medicinali: storia, magia, pratica” (Coordinamento Donne di Montagna) e nel 2016 “Elogio del Margine. Altri modi di pensare la malattia” (Primalpe).
Maestra di fiori, erbe e stelle, ha offerto per molti anni itinerari formativi individuali e collettivi sull'ars herbaria, la floriterapia di Bach e l'astrologia umanistica. Ha ideato e condotto il percorso di salute femminile integrale “Donna Luna” e il seminario di teologia della felicità “Dalla Spazzatura alla Padronanza Emotiva”.
È esperta di gravidanza consapevole, lotus birth e maternità ad alto contatto.
Oggi Maria Iole sta vivendo il suo sogno insieme a Matteo, suo sposo. È mamma homeschooler di Adelaide e Matilde, grazie alle quali sta crescendo la sua bambina interiore, leggendo un sacco di albo illustrati.